ABBANDONO DELLA CASA CONIUGALE: NON BASTA PER OTTENERE L’ADDEBITO DELLA SEPARAZIONE

Data di Pubblicazione: 11 maggio 2019

Vi sottopongo questa utile notizia per anticipare ciò che spesso ribadisco ai miei Assistiti: non sempre è possibile applicare i concetti generali della legge al caso particolare e concreto. Vi sono casi nei quali l’addebito di colpa non può essere pronunciato dal Giudice, neppure PER ABBANDONO DELLA CASA CONIUGALE, quando esso interviene per disagi fra coniugi già preesistenti all’abbandono stesso. La signora, nel caso che Vi sottopongo, è stata ostinata (dal primo grado fino in Cassazione) nel cercare di fare attribuire all’ex marito, l’addebito di colpa, ma senza riuscire nell’intento. Abbiamo dimostrato che non era più possibile proseguire la convivenza prima dell’abbandono anche per la ormai cessata comunione materiale e spirituale fra coniugi.
Cassazione 2019
Il fatto: Il Tribunale, in primo grado, ebbe a dichiarare la separazione fra coniugi, disponendo che il marito versasse un assegno mensile di 450 euro per contributo al mantenimento dei due figli minorenni. Respingeva, però, la domanda di addebito della separazione avanzata dalla signora.
Per nulla soddisfatta la ex moglie proponeva appello dinnanzi la Corte di Appello competente per vedere stavolta accolta la  domanda di addebito, adducendo una presunta relazione extra-coniugale del marito (che avrebbe voluto dimostrare attraverso investigazioni private da essa stessa commissionate) e l’abbandono del domicilio coniugale.

La Corte d’Appello rigettava la richiesta di addebito proposta dalla Signora.

La donna, per nulla convinta, probabilmente, della buona fede del Tribunale e della Corte di Appello, ha proposto ricorso per Cassazione.

Anche la Suprema Corte di Cassazione NON HA ACCOLTO IL RICORSO DELL’EX MOGLIE, condannandola anche alle spese processuali.

Quali i motivi della decisione? La Suprema Corte, in merito a ciò che qui voglio sottolineare, ha rigettato le ragioni della Signora perchè il cosiddetto abbandono del tetto coniugale non è stato dimostrato” e non è stata provata neppure la efficacia determinativa della intollerabilità della convivenza e della rottura dell’affectio coniugalis”

La giurisprudenza è granitica ormai nel considerare che “non costituisce violazione di un dovere coniugale la cessazione della convivenza quando ormai il legame affettivo fra i coniugi è definitivamente venuto meno e la crisi del matrimonio deve considerarsi irreversibile” e che “l’allontanamento di uno dei coniugi dalla casa familiare costituisce, in difetto di giusta causa, violazione dell’obbligo di convivenza e la parte che, conseguentemente, richieda la pronuncia di addebito della separazione ha l’onere di provare il rapporto di causalità tra la violazione e l’intollerabilità della convivenza, gravando, invece, sulla controparte la prova della giusta causa>> (cfr. Cass. civ., sez. VI-1, 15 dicembre 2016, n. 25966).

Nella causa che ci ha riguardato la Signora non ha dimostrato “l’abbandono” ma neppure che esso avrebbe comunque costituito la rottura della convivenza con il marito.

Abbiamo dimostrato noi resistenti, piuttosto, che la affectio coniugalis si era già da tempo sfaldata fra i coniugi a causa del fatto che la moglie non condivideva più con il marito alcun interesse, passione, dialogo e attrazione anche di ordine sessuale.